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Italia - Lombardia, BS
01/06/2024 08:24:25

San Glisente e la salita al Dos dell'Asino

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Autore
Staff
(84)
Zona
Italia - Lombardia, BS
Km
20,35 km
Durata
02:32:25
Dislivello
+1 700 mt (260 - 1943)
Difficoltà itinerario
Panorami
Aggiornato al
01/06/2024 08:24:25
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Descrizione

Lasciamo la macchina nella zona adiacente al supermercato con ampio parcheggio alla prima rotonda di Esine. Come premesso sappiamo già che dovremo affrontare la ?SALITA? tutta in maiuscolo perché molto impegnativa. Quindi avremo solo 1,5 km per scaldarci prima di affrontarla.

Il primo consiglio che vi voglio dare è quello di prenderla con il vostro ritmo e soprattutto con calma. Ragionate più sulla distanza tra uno strappo e l?altro che sulla distanza totale. Inoltre prendete la scusa di fermarvi ogni volta che troverete una malga dove di solito sono presenti i pannelli esplicativi che parlano della sua storia. Bene, nel frattempo iniziamo questi interminabili 8,2 km sul sentiero 745 (che di sentiero non ha proprio nulla). Il primo tratto sarà di avvicinamento. Avremo la prima sosta dell?acqua al Fontani De Montaholò. Proseguiamo fino al bivio delle Doi Strade (680 metri) dove terremo la destra con indicazioni Budec Rifugio Degli Alpini. Ora inizia sul serio.

La prima baita che troverete è la Shèle (Selle ) a 796 metri: ammiratela mentre proseguite concentrati. Prossima tappa è Rùgola a 1000 metri dove vi consiglio una breve sosta perché i prossimi 330 metri di dislivello saranno tosti più del solito. Di nuovo in sella stringendo i denti e le ?chiappe? con tutta la forza che avrete dentro raggiungeremo il rifugio Budec a1322 metri. Il Bùdèch attuale, quello che oggi è visibile, è venuto a formarsi negli anni sessanta quando incominciarono a sorgere come i funghi le baracche (con o senza l?autorizzazioni delle autorità) e, verso la metà di quel decennio, gli Alpini edificarono la chiesa. Precedentemente erano presenti solamente una casupola di carbonai, la cascina di Sapì e il Roccolo.

Da questo punto riprendiamo la mtb e spingiamo sui pedali con la consapevolezza che ora diventa leggermente più dolce. Raggiungiamo Vaccaret a 1627 metri, passando per Pianazzo. Questa sarà la penultima baita d?alpeggio che troveremo prima della vetta. Inizia ora un tratto di pietraia in sottobosco duro che ci condurrà finalmente alla Pozza del Dos Dell?Asino a 1770 metri. A questo punto una bella pausa ve la meritate per fare qualche foto suggestiva alla Pozza e ammirare il panorama attorno a voi. Da questo istante iniziano gli ultimi 200 metri di dislivello. Un po? si pedala, un po? si spinge fino a Cà Del Pastore (1870 metri): qui se sarete fortunati troverete ad incitarvi un uomo, di cui non conosco il nome, indaffarato in questa bella baita di montagna. Quando mi ha visto, oltre a darmi del pazzo, mi ha chiesto se conoscevo queste montagne per essermi addentrato fino lassù. Dopo avergli dato una seria e ponderata risposta ha incominciato a farmi il tipo battendo le mani e dicendomi: ?mia mulààà? (non mollare). Sono incontri che davvero ti rimangono dentro perché nella loro semplicità ti rendono felice.

Ora un paio di pedalate e poi bici a spinta fino al Bivacco di San Glisente a 1956 metri. Mi soffermo un attimo su questo posto incantevole. Prima di tutto parliamo di un bivacco dove sono presenti dei letti a castello, una mini cucina ed un tavolo. Ma la chicca è nascosta alle sue pendici, o meglio nelle sue fondamenta. Troverete una Cripta nascosta dal fascino indescrivibile. Con tutto il rispetto del caso vi invito a visitarla rimanendo in silenzio assaporandone i profumi mistici: sappiate che durante il solstizio d?estate il sole sorge nel punto più settentrionale, ed i suoi raggi si allineano perfettamente con la monofora posta sul versante est della cripta della chiesa. C?è una bellissima leggenda di San Glisente ch per non annoiarvi ora, menzionerò alla fine della descrizione.

Ora ci prepariamo per la discesa, dopo le foto di rito. Scenderemo in direzione ovest, proprio di fianco alla destra del bivacco. Attenzione a seguire bene la traccia perché si passa nei prati e a volte l?erba nasconde i segnali bianco rossi. Arriviamo a Malga Foppole (1711 metri) e da qui inizia un bellissimo singletrack nel bosco che ci porterà fino a Adarèt (Acereto a 1347 metri). Da qui la discesa diventerà tutta su strada parzialmente asfaltata molto in pendenza. Attenzione a non prendere troppa velocità perché lo spazio di frenata sarà molto lungo. A 1100 metri a Malga Salvagnone teniamo la sinistra, passiamo le bellissime cascate e ritorniamo in quel di Esine.

Itinerario inserito originariamente da Giulien.


La leggenda di San Glisente

La gente della Val Grigna e della Val Trompia è da sempre stata molto devota a San Glisente, cui è dedicata una piccola chiesa sulla montagna omonima. Su questa figura, nel corso degli anni, sono nate diverse leggende. Tuttavia sono anche stati ritrovati i documenti di alcuni storiografi del XVII secolo che parlano proprio di questo santo eremita e della sua vita: si tratta di Padre Beniamino Zacco da Pontevico (1662), Don Bernardino Faino (1665), Padre Gregorio Brunelli da Cané (1698) e Padre Eleuterio da Palazzolo (fine XVII secolo circa). Inoltre, un certo notaio Francesco Celeri da Lovere, il 10 marzo 1512 dichiarò di aver trascritto fedelmente tutto ciò che aveva trovato in un antico documento in pergamena rinvenuto presso la chiesa di Berzo Inferiore e riguardante la figura di San Glisente. Secondo la leggenda, San Glisente era definito come un cavaliere franco (Glisentus gallicus miles) di nobili origini, vissuto nell?VIII secolo. Egli sarebbe giunto in Valle Camonica al seguito dell?imperatore Carlo Magno dopo aver lasciato ai poveri i beni ereditati dalla sua famiglia, in quanto convinto di dover restare nell?esercito per tutta la vita e quindi nell?impossibilità di ritornare nella sua terra. Glisente non era però solo e seguiva il suo comandante insieme al fratello Fermo e alla sorella Cristina. Sembra che i due fratelli, al seguito di Carlo Magno fin dalla loro adolescenza, non fossero molto religiosi. Erano invece armati di molto coraggio, tanto da distinguersi in diverse battaglie. Proprio per questo erano stimati e apprezzati tra i militari. La sorella, invece, si era convertita al cristianesimo già in età adulta e da tempo seguiva i fratelli per curare le ferite e le contusioni che si procuravano negli scontri, sempre nella speranza di riuscire a far abbracciar loro la sua stessa fede cristiana. Dopo aver percorso tutta la Valle Camonica combattendo, Glisente iniziò a sentire il peso degli orrori della guerra e implorò Re Carlo di lasciarlo libero. Il sovrano, proprio in nome della sua fedeltà e dei suoi meriti accolse, anche se a malincuore, la sua richiesta e lo salutò definitivamente. Fu allora che i tre fratelli decisero di scendere verso la media valle, in una zona che avevano già attraversato. Mentre la sorella Cristina terminava di curare le loro ferite, i tre parlarono a lungo e fu proprio in questo periodo che anche Glisente e Fermo decisero di abbracciare la fede cristiana e di ritirarsi in montagna come eremiti, per pregare fino alla morte. Scelsero tre luoghi diversi e lontani tra loro, che in seguito vennero chiamati con i loro nomi. Glisente salì su un monte di Berzo Inferiore, Fermo su uno di Borno e Cristina sul territorio di Lozio, nella zona della Concarena. Si abbracciarono un?ultima volta, sicuri di non vedersi più su questa terra, e si promisero di accendere un falò ogni sera, per confermare l?un l?altro che erano ancora vivi. Per fare in modo che entrambi i

suoi fratelli capissero, Glisente avrebbe dovuto accendere due fuochi dato che, per la conformazione orografica del territorio, essi non sarebbero stati in grado di comunicare direttamente tra loro. Se qualcuno non avesse acceso il falò, gli altri avrebbero capito che era subentrata la morte. Questa vita continuò per molti anni ed anche i valligiani si abituarono a vedere quei fuochi che tenevano uniti i tre fratelli lontani. Glisente, ritiratosi in una piccola grotta proprio sulla cima della montagna, viveva di erbe e radici che trovava nei pressi del suo eremo. Ma il Signore, che sentiva le sue preghiere e conosceva la sua vita frugale di penitente, gli mandò un?orsa a portargli rami di frutti e una pecora che si lasciava mungere e gli regalava il suo latte. Trascorsero così molti anni e i tre eremiti invecchiavano in solitudine. Solo al calar della sera, mentre curavano i loro grandi fuochi, si rallegravano nel vedere accesi anche quelli dei fratelli e ringraziavano Dio per aver concesso loro ancora una giornata in cui avevano potuto comunicare tra loro.

Poi, una sera, Glisente attese a lungo di vedere il falò di Cristina ma col trascorrere delle ore capì che la sorella era morta. Il primo fuoco delle montagne si era spento per sempre. Poiché sul monte di Berzo ne era stato acceso uno solo, anche Fermo comprese che la vita di Cristina era giunta al termine. Dopo un po? di tempo, il 6 agosto del 796, toccò anche a Glisente, seguito a breve distanza da Fermo che, vecchio e malato, era assistito secondo la leggenda da un?aquila e da un?orsa che gli portavano legna, radici commestibili e favi di miele. Si racconta che Glisente, dopo la morte, sia stato trovato da alcuni pastori saliti sulla montagna con il gregge. Questi avevano notato un fatto molto strano: una colomba che portava ramoscelli e foglie sopra la grotta in cui era vissuto l?eremita. Incuriositi, si avvicinarono e trovarono il suo corpo intatto, come se fosse ancora vivo. Lo seppellirono così nello stesso luogo che il santo aveva scelto come sua dimora.

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